Categoria Ambiente e energia

Auto elettrica e i falsi miti che frenano la crescita

In molte città del mondo, l’inquinamento urbano viene accentuato a causa delle grandi quantità di gas di scarico emesse nell’atmosfera dai mezzi di trasporto, come le automobili a benzina e a diesel.

L’auto elettrica è una buona soluzione per abbattere le emissioni, eppure sono pochissime le persone che effettivamente decidono di acquistarne una.

L’auto elettrica costa tanto

Il costo di un’auto elettrica si aggira intorno ai 25.000 euro, una cifra molto più alta rispetto a quella richiesta per acquistare un’auto tradizionale nella media.

Questo è uno dei principali fattori che ne scoraggia l’acquisto; eppure, il costo totale di proprietà (TCO, Total Cost of Ownership) è nettamente più basso rispetto a quello di un mezzo tradizionale.

L’auto elettrica permette di risparmiare sul carburante e sui costi di manutenzione, perché ha pochissimi pezzi soggetti a usura.

In questo modo, la spesa iniziale per l’acquisto di un’auto elettrica viene ammortizzato nel giro di dieci anni, ma anche molti di meno se si tiene conto delle agevolazioni fiscali.

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Il carburante ad energia solare che potrebbe farci volare alto

I combustili fossili, detti anche idrocarburi, sono le fonti di energia più utilizzate al mondo. Una volta bruciati, liberano, però, enormi quantità di CO2 e altre sostanze inquinanti che danneggiano gravemente l’ambiente.

Per questo, il petrolio, il carbone e il metano rappresentano definitivamente i combustibili più nocivi per l’ambiente…e non solo!

Gli idrocarburi, infatti, non solo sono i responsabili di fenomeni ambientali come l’effetto serra, le piogge acide e il riscaldamento globale, ma sono anche parte dei fattori scatenanti di molte guerre e conflitti internazionali: dietro a queste materie chimiche si nascondono grossi interessi politici.

Non esageriamo, dunque, se affermiamo che i combustibili fossili rappresentano la causa di molti mali che affliggono il nostro pianeta.

In tema di inquinamento, il settore dell’aviazione occupa uno spazio davvero speciale. Il combustile usato normalmente dagli aerei, il JP-5, è una miscela complessa di idrocarburi a forte impatto ambientale. Gli aerei producono il 2% delle emissioni di CO2.

Per capirci: un’automobile produce ad ogni kilometro 42 grammi di CO2 per passeggero, mentre, in volo, ogni passeggero consuma 285 grammi di CO2 al kilometro. Dati, questi, che ci fanno sentire in colpa ogni qual volta pianifichiamo un viaggio lungo. Come fare per attenuare i nostri sensi di colpa?

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Moda insostenibile: un appello ai produttori e ai consumatori

La produzione di abiti e scarpe consuma annualmente circa l’8% delle emissioni di gas di serra a livello globale, ovvero 1,2 miliardi di tonnellate: più di quanto assorbono i voli aerei internazionali e i collegamenti navali commerciali.

Un dato da capogiro, non è vero? Ma questo è solo il prologo di una lunga storia che ha come protagonista il settore della moda e come tematica principale l’inquinamento ambientale.

Si stima che il settore della moda adoperi mediamente 1.5 trilioni di litri di acqua all’anno. Se questi numeri vi sembrano troppo lontani, calcolate che solo per realizzare una maglietta servono 2700 litri di acqua.

Per non parlare delle sostanze chimiche che vengono utilizzate per trattare e colorare i tessuti: un paio di jeans contiene circa 7.500 litri di tintura. Infine, un grande impatto è prodotto anche dai rifiuti tessili: più di 92 milioni di tonnellate all’anno!

Pare proprio che l’industria tessile sia uno dei maggiori responsabili del malessere ambientale e di quello dei nostri co-terrestri. Ad aggravare la situazione ha contribuito lo sviluppo del fenomeno conosciuto con il nome di fast fashion, ovvero la rapida produzione di abiti di scarsa qualità a basso costo. La realizzazione compulsiva di questo tipo di prodotti, economici e fruibili, ha in realtà un costo molto alto non solo per il pianeta ma anche per i lavoratori.

Infatti, le aziende che producono rapidamente e a sequenza, oltre a danneggiare gravemente l’ambiente perché poco attente sia ai tessuti scelti che alle tecniche di realizzazione, si dimostrano anche incuranti nei confronti dei loro dipendenti. Questi ultimi pagano il prezzo del basso costo in condizioni lavorative tragiche e in ricompense salariali inadeguate.

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