Categoria Economia

Car sharing: i buoni motivi per provarlo

Il car sharing è un servizio che permette di noleggiare una macchina per brevi periodi, secondo necessità.

È dedicato sia ai privati, sia alle aziende, e può essere particolarmente utile per svincolarsi dai ritardi dei mezzi pubblici, oppure per non dover utilizzare la propria auto tutti i giorni (magari a causa della difficoltà nel trovare parcheggio).

Non va confuso con il car pooling, che permette di condividere l’auto con altre persone che percorrono lo stesso tragitto, oppure col ride pooling, in cui lo stesso mezzo viene condiviso da più individui.

Come funziona il car sharing

Molti servizi di car sharing sono dotati di applicazioni utilizzabili direttamente da smartphone, in cui vanno inseriti anche i dati della propria carta di credito.

Queste app vi permettono di rintracciare l’auto più vicina a voi e di prenotarla; a quel punto avete circa 15 minuti per raggiungere la macchina, prima che si attivi la tariffa di noleggio. In genere il costo si aggira sui 25 centesimi al minuto, ma può essere leggermente più alto se è previsto anche il trasporto di uno o più passeggeri.

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Per avere successo le start-up tecnologiche italiane devono internazionalizzarsi

Ad oggi sembra essere inarrestabile la crescita in Italia delle imprese start-up di natura innovativa. Secondo la 15° edizione del rapporto trimestrale pubblicato dal Ministero dello Sviluppo Economico in collaborazione con UnionCamere e InfoCamere, al marzo 2020 sono 11.206 le start-up iscritte sul territorio italiano. La Lombardia rimane il focolaio, segue il Lazio, l’Emilia Romagna e la Campania.

Tuttavia, in Italia siamo ancora in netto svantaggio rispetto a molti altri Paesi europei ed extra-europei, soprattutto se ragioniamo a lungo termine: molte di queste giovani imprese finiscono per chiudere presto i battenti. Come mai? riuscite a pensare ai motivi che si celano dietro questo ritardo nei confronti dell’innovazione?

La mancata internazionalizzazione e il sostegno dell’Agenzia ICE

In verità potremmo ipotizzare più di una ragione, ma vogliamo focalizzarci, in questa sede, sulla mancata internazionalizzazione delle imprese italiane appena nate.

Molti imprenditori si ritrovano a fare i conti con il fallimento del loro business nascente perché si espandono troppo tardi oltre i confini nazionali, o non hanno pensato sin dall’inizio a una strategia che potesse internazionalizzare l’azienda, rendendola più allargata geograficamente e più integrata a livello socio-economico.

Proprio su questo fronte ha lavorato nel 2019 il Ministero dello Sviluppo Economico, bandendo il Global Startup Program. Si tratta di un progetto che vede protagonista l’agenzia ICE (Italian Trade & Investment Agency) ed è finalizzato allo sviluppo delle start-up italiane, alla loro internazionalizzazione e promozione all’estero.

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Dove vuoi, quando vuoi: il video streaming

E’ ormai un fatto consolidato: la rivoluzione digitale e’ entrata prepotentemente nelle nostre vite e nelle nostre case e ha radicalmente cambiato il nostro modo di vivere, in quasi tutti i suoi aspetti.

Elettrodomestici, comunicazione, interazione sociale, logistica, acquisti … tutto oggi è incredibilmente moderno, veloce, immediato. In grado di soddisfare (quasi) ogni desiderio. E l’intrattenimento non è certo da meno, anzi, probabilmente è uno degli ambiti che più si è evoluto e che oggi presenta soluzioni davvero all’avanguardia grazie all’introduzione nel mercato dei servizi video in streaming.

Ormai gli appuntamenti fissi del palinsesto televisivo sono un lontano ricordo: la possibilità di scegliere e vedere un contenuto multimediale in qualsiasi momento non è più un desiderio ma una realtà alla portata di tutti.

Basta una buona connessione e il gioco è fatto: il “telespettatore” di oggi ha a disposizione una vasta gamma di contenuti virtuali che può guardare dove e quando vuole, dando vita così a un’esperienza di visione e intrattenimento completamente nuova.

I servizi video streaming e i “nuovi” utenti

Questa fruizione “moderna” di contenuti audio/video, che fino a qualche tempo fa erano rigidamente subordinati ai palinsesti tradizionali della televisione, non ha solo sovvertito gli schemi tradizionali e modificato la modalità di visione ma ha anche creato un nuovo utente.

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La compravendita dei like è una bolla di sapone

Da anni ormai il business oscuro dei social network è stato svelato ed è oggigiorno sulla bocca di tutti. Non è più un segreto: personaggi che puntano alla fama, influencers, giovani artisti e persino politici acquistano (letteralmente) like per dare visibilità ai loro profili social e quindi al loro lavoro.

Come funziona? è tutto incredibilmente poco dispendioso. Basta scegliere la risorsa adatta da cui attingere (esistono vari siti sul web) e, dopo aver sborsato un tot di denaro direttamente proporzionale al numero di like desiderato, si può da subito notare un aumento folle dei consensi virtuali alla pagina, alla foto o al post in questione.

Perché molti utenti si recano al mercato dei like? facile capirlo: nell’era delle recensioni online e dei brand ambassadors, è più importante essere apprezzati virtualmente che nella vita reale; per cui, avere una pagina con milioni di followers o un profilo traboccante di approvazioni è indice di successo, oltre ad essere una luce che attirerà anche i followers futuri.

Le aziende, gli aspiranti artisti o gli influencers che non riescono a ottenere per vie naturali il numero giusto di like per accrescere la loro fama, cercano spesso, per sopperire a questa mancanza, scorciatoie alternative, come la compravendita di ‘mi piace’. Un sistema non soltanto malsano, ma anche inefficiente, come scopriremo a breve.

Perché acquistare ‘mi piace’ è controproducente

In primo luogo, una fetta particolarmente attenta della vostra audience si accorgerà inevitabilmente del misfatto. Cosa fareste se scopriste che il profilo Instagram del vostro ristorante preferito ha comprato i ‘mi piace’ per ottenere più consensi? con ogni probabilità cambiereste ristorante preferito. Comprare like può minare severamente la credibilità del vostro business. Risultato? mentre cercate di raggruppare fans fasulli, perdete quelli più genuinamente affezionati.

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Nessuno vuole pubblicare il tuo libro? Prova il crowdfunding!

Il crowdfunding, o raccolta fondi, è una forma di microfinanziamento che prevede una raccolta collettiva di denaro destinato a finanziare un determinato progetto.

Questo tipo di risorsa viene spesso usata dai privati, ma anche le piccole e medie imprese possono trarne molti benefici; in questo caso si parla di equity-based crowdfunding.

Si tratta dell’investimento di una somma di denaro in cambio del diritto di partecipazione a una piccola società, un po’ come si farebbe nel mercato azionario. Molti portali online mettono a disposizione le informazioni necessarie per decidere se e come intraprendere questa scelta.

Perché scegliere il crowdfunding

In generale, il crowdfunding è un modo semplice e molto rapido di raccogliere fondi. Non richiede esperienza pregressa e presenta meno rischi rispetto ad altri sistemi, perché non prevede nessun investimento iniziale.

La prima cosa da fare è rendersi conto se il proprio progetto è davvero innovativo e utile, senza badare troppo agli eventuali rifiuti che potrebbe aver già ricevuto. Anche i progetti che non sono stati presi in considerazione dagli investitori tradizionali possono avere qualche speranza di essere finanziati, per esempio i libri e i fumetti che non riescono a farsi pubblicare dalle case editrici.

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