L’apprendimento automatico dei computer causa maggiore disparità sociale ed economica

Già da un po’ di anni è iniziato il film dell’orrore intitolato “la tecnologia sta sostituendo l’essere umano”. Siamo spaventati dal fatto che le macchine possano sbarazzarsi di noi e funzionare autonomamente, diventando addirittura più efficienti della mente umana.

Questa preoccupazione è più che lecita: tutto questo sta già succedendo… e siamo solo all’inizio! Uno dei prodotti dell’intelligenza artificiale è il fenomeno conosciuto con il nome di machine learning, ovvero l’apprendimento automatico dei cervelli elettronici.

Questi ultimi sono, infatti, capaci di apprendere senza l’aiuto della mano umana. Come fanno a imparare? sostanzialmente osservano e registrano gruppi di dati simili e li riutilizzano in futuro.

Così come noi utilizziamo la nostra esperienza per muoverci nel futuro, i computer autonomi si servono dei dati registrati e ci sostituiscono. Essendo questo un argomento ancora caldo, sono diverse le ipotesi, le statistiche e le previsioni riscontrabili.

Alcuni affermano che questa nuova tecnologia garantirà nuove opportunità lavorative, altri si distanziano da questa ipotesi. Inoltre, non sappiamo con certezza fino a dove il machine learning può arrivare: queste macchine indipendenti possono sostituire gli psicoterapeuti? mai dire mai!

Nel mare di incertezza in cui ci sbracciamo, sale a galla un’ipotesi abbastanza verosimile che ha a che fare con la disuguaglianza economica e sociale.

L’apprendimento automatico delle macchine crea un gap significativo di natura educativa ed economica, oltre a perpetrare alcuni bias cognitivi razzisti e discriminatori.

L’indipendenza delle macchine taglia fuori alcune persone

In un mondo in cui le macchine possono imparare tutto (o quasi), è chiaro che il ventaglio di opportunità lavorative si rimpicciolisce, o comunque, cambia.

Diversi studiosi sostengono che l’intelligenza artificiale non può causare la scomparsa dei lavori ma può soltanto trasformarne le modalità. Tuttavia una cosa è certa: è inevitabile che molti lavoratori si trovino, almeno per un breve periodo di tempo, senza occupazione.

Ci riferiamo soprattutto ai lavori fondati sull’analisi di dati quantitativi, sulla meccanicità fisica, e quelli che si basano su uno schema che si ripete nel tempo.

Si presuppone che figure come receptionists, specialisti del customer care, operai, cassieri, magazzinieri, camionisti (e si pensa anche tassisti) non saranno più necessarie nel nuovo scenario lavorativo. Risultato? una disparità economica non indifferente.

A subirne le conseguenze, infatti, saranno per lo più coloro che sono meno qualificati, ovvero quelle persone che credevano di potersi guadagnare da vivere imparando e approfondendo un’unica professione caratterizzata da skills ben precise.

Immaginate di lavorare come cassiere e di vedere il vostro lavoro completamente sostituito da una macchina che impara da sola, cosa fate?

Probabilmente siete disposti a cambiare, ad aggiornarvi e imparare nuove skills, avete dei risparmi e quindi non subite più di tanto le conseguenze dell’imprevisto.

Inoltre, magari siete orientati verso l’apprendimento di una professione che non verrà, nel futuro prossimo, automatizzata dalle macchine, e iniziate a concepire l’istruzione come qualcosa a cui vi confronterete per tutta la vostra vita (lifelong learning) e non soltanto per un lasso di tempo, come eravate abituati a pensare.

Eppure, nonostante tutto questo, vi trovereste in una condizione svantaggiosa, nel migliore dei casi!

Le macchine apprendono anche i bias del programmatore

Le macchine diffondono anche disparità sociale. Sì, perché esse apprendono ciò che il programmatore conosce.

Quest’ultimo potrebbe aver interiorizzato alcuni bias cognitivi pericolosi di tipo discriminatorio e razzista, che, andrebbero inevitabilmente riprodotti nel cervello elettronico. In questo senso, l’intelligenza delle macchine ha ancora dei limiti!

A questi computer vengono date grosse responsabilità, come garantire prestiti, fare diagnosi mediche, condurre l’assunzione lavorativa.

Perciò, dovremmo stare attenti ai pregiudizi che imparano e prolificano: questi ultimi potrebbero essere letali per coloro che già sono nel mirino della società, coloro che pagano sulla loro quotidianità il prezzo di una società razzista e gerarchizzata!

Sulla scia di quanto sino ad ora esplicato, ci viene da pensare che con il progresso abbiamo qualcosa da perdere in termini di equità.

Le macchine che imparano da sole rendono la vita di molti più semplice, a scapito di alcuni. Riusciranno gli scienziati del nostro secolo ad aggiustare questo difetto di fabbricazione?